sabato 1 giugno 2013

Shining


Shining è un film horror del 1980 diretto da Stanley Kubrick, basato sul romanzo omonimo di Stephen King. Shining (The Shining, tradotto fedelmente suonerebbe come "Il luccichìo" o "La luccicanza". Quest'ultima traduzione è quella scelta per il doppiaggio italiano) rappresenta una tappa dell'itinerario di attraversamento-appropriazione-sfondamento dei generi operata da Kubrick nel corso della sua carriera. Nel romanzo omonimo da cui il film è tratto, Stephen King rielabora in chiave thriller il topos caro alla letteratura di fantasmi della casa infestata, trasformandola in albergo e mettendo in rapporto con gli avvenimenti soprannaturali che vi si verificano un nucleo familiare composto da una coppia e dal loro unico figlio dotato di poteri paranormali.


Il film si compone di varie unità narrative temporalmente distinte ciascuna individuata da un titolo:
  • Il colloquio
  • Chiusura invernale
  • Un mese dopo
  • Martedì
  • Sabato
  • Lunedì
  • Mercoledì
  • ore 16
Seppure l'impianto di Shining sia tradizionale nel suo rispetto per una costruzione cronologica degli avvenimenti, come ci informano le varie didascalie che scandiscono temporalmente lo svolgersi di ciò che accade, esso opta per una presentazione in cui è il concetto stesso di tempo (cronologico, cronometrico) che viene messo in discussione. Proprio le didascalie, che procedendo per salti improvvisi, dai mesi ai giorni, dai giorni alle ore, orientano il tempo verso quella progressiva riduzione che lo conduce al collasso, rappresentato dalla fotografia in bianco e nero di un ballo del 1921 tra i cui partecipanti c'è anche, impossibilmente, Jack Torrance.


È il finale sorprendente del film che introduce la nozione di una circolarità temporale senza fine e senza principio, già in qualche modo sperimentata da Kubrick in 2001 Odissea nello spazio, attraverso la quale viene retrospettivamente sgretolata quella struttura teleologica della narrazione che le didascalie si erano già incaricate di minare. Lo spettatore si viene così a trovare inevitabilmente spossessato della meta cui l'inizio avrebbe dovuto condurlo. Come ha scritto Sergio Bassetti, "Smarrito nel non-luogo kubrickiano, lo spettatore si scopre incapace di tracciare una mappa coerente e attendibile, in grado di accogliere e armonizzare tutti i dati raccolti nel tragitto filmico: troppe le dissonanze cognitive, i polisenso, le tessere logiche mancanti, i paradossi (ir)razionali". L'unico legame tra le scene che risulta palesemente sottolineato è la presenza del colore rosso, che sembra occupare quasi ogni scena.


La rappresentazione dello spazio in Shining è di particolare interesse: ogni qualvolta l'azione si svolge internamente all'hotel, lo spazio è labirintico, prospetticamente concluso, definito da precisi limiti geometrici, mentre nelle rare riprese in esterni gli unici confini sono quelli dell'orizzonte e delle vicine montagne. In entrambi gli ambienti l'uomo si perde, diventa cosa piccola e insignificante a confronto con la maestosità del paesaggio o con l'imponenza dell'albergo, ed è come dominato, soggiogato dallo spazio. Questo aspetto viene abilmente sottolineato da Kubrick mediante la ripresa dall'alto con veduta panoramica volta a rendere il carattere estremamente selvaggio dei luoghi che circondano l'albergo. Del resto l'immagine del labirinto di siepi dell'albergo, più volte inquadrato anche dall'alto, la stessa struttura interna dell'albergo che richiama l'idea di un labirinto, rimandano, come dichiarò lo stesso Kubrick, al labirinto mentale nel quale progressivamente si perde il protagonista.


La simmetria, l'eco, il doppio, lo specchio ritornano continuamente nel film: per esempio la parola REDRUM che Danny scrive sulla porta in uno stato di trance significa al contempo MURDER, cioè "assassinio" scritto alla rovescia, e RE-DRUM cioè "rimbombo", suono ripetuto. Se facciamo eccezione per le poche scene che si svolgono in esterni, la maggior parte del film è girato in interni o di notte e quindi con luce artificiale al neon, fredda e impersonale. Ne deriva una continua sensazione di disagio, di claustrofobia, di nostalgia del sole. Oltre a ciò frequenti sono le scene in cui la luce illumina i soggetti o dal di sotto o da dietro, di volta in volta accentuando gli aspetti diabolici del volto di Jack Nicholson, o semplicemente accecando, disorientando lo spettatore.


Anche i colori hanno nel film un ruolo ben preciso; l'effetto prodotto è sempre quello di una sgradevolezza di fondo, di una sostanziale inaccoglienza dello spazio, che a volte si esprime con una sensazione di malessere e di inadeguatezza. Vi è un frequente uso del bianco in taluni ambienti, per accentuare il senso di vuoto e di solitudine; altre volte, come nel caso del bagno rosso, nell'impressione che l'ambiente sia come in grado di esercitare un pressante condizionamento psicologico sui suoi occupanti.


Come di consueto per Kubrick, per la pellicola vennero studiate ed impiegate delle notevoli innovazioni tecnologiche, a partire dalla macchina da presa: la steadycam che permette movimenti veloci senza sobbalzi imprevisti, già utilizzata precedentemente nei film "Questa terra è la mia terra", "Rocky"", "Il maratoneta" e "Halloween, la notte delle streghe", qui adoperata al massimo della sua potenzialità dal suo stesso inventore, Garrett Brown. Per la maggior parte del film la macchina da presa segue gli spostamenti degli attori precedendoli o seguendoli a breve distanza, accentuando il carattere labirintico degli ambienti chiusi e dei lunghi corridoi dell'albergo. Ogni volta che Kubrick intende creare un particolare stato di attesa o di suspense la macchina da presa si avvicina progressivamente e lentamente verso il soggetto che rimane fermo.


Una tecnica di montaggio molto particolare è quella utilizzata per rappresentare le visioni di Danny. In genere, dopo un primo piano di Danny, appare la visione vera e propria, che è realizzata interrompendo bruscamente un'immagine di fondo con un'altra che in genere è di fortissimo impatto emotivo.

Differenze con il romanzo:
  • La camera protagonista del libro è la 217, e non la 237.
  • Anche la morte di Jack Torrance è differente, nel libro è causata dallo scoppio della caldaia, nel film Jack nell'intento di uccidere Danny, si perde nel labirinto dell'Overlook Hotel morendo assiderato: infatti nel libro l'hotel viene distrutto dall'esplosione della caldaia e dal conseguente incendio, nel film non accade nulla di tutto questo.
  • Nel libro, Wendy è bionda, mentre nel film è mora. Inoltre, Jack e Wendy sono considerevolmente più giovani nello scritto: Jack, come si apprende leggendo, ha soli 30 anni, mentre nel film l'attore Jack Nicholson ne ha 43.
  • Nel libro ci sono molti più personaggi. Tanto per citarne alcuni: Al Shockeley, amico e collega di Jack che ha trovato il lavoro all'Overlook parlando con Ullman e che passava molte notti col parente a bere, il dottor Bill Edwards, lo studente picchiato da Jack quando gli aveva bucato le gomme della macchina, i due fantasmi gay Harry e Roger (che nel libro appaiono per molto tempo mentre nel film si vedono in una sola apparizione), la guardia Howard ecc...
  • Nel libro Ullman è un cinico direttore che pensa solo al lavoro e che si liscia i suoi superiori, guadagnandosi la loro stima, e l'odio dei suoi sottoposti. Nel film Ullman è simpatico e cordiale.
  • Nel libro, Jack impugna una mazza da roque per attaccare i suoi familiari, mentre nel film ha un'ascia: infatti, Hallorann, quando viene colpito da Jack, nel libro sopravvive, mentre nella pellicola muore.
  • Kubrick nel film ha completamente tralasciato le siepi a forma di animali, le quali si animano durante la notte e attaccano Halloran, Danny e Wendy, in quanto troppo difficili da fare: optò invece per un labirinto di siepi.


fonte principale: Wikipedia.

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